Giocare a calcio è il sogno di tantissimi bambini. Quando chi scrive era più piccolo, si iniziava nei cortili di casa, in campi di asfalto, terra ed erbacce. Le porte erano immaginarie, tracciate da pietre, zaini o giubbotti.
Oggi si parte subito dalle tantissime scuole di mini calcio, dotate di campi in erba sintetica e porte vere, con tutta la rete. Allenatori, più o meno preparati si occupano di insegnare i primi rudimenti di gioco e spiegare il concetto di squadra, fulcro di un'attività, che almeno i primi anni, deve essere esclusivamente improntata al divertimento, con i guanti da portiere e l'abbigliamento giusto.
Con gli anni, i più costanti e tenaci, proseguono la loro trafila nel settore giovanile di squadre locali. I più fortunati entrano a far parte di società professioniste, più organizzate e con potenziali prospettive di carriera. Sarebbe un percorso lineare, non semplice, ma comunque ben tracciato, se non fosse che oggi, riuscire a diventare un giocatore professionista, è un'impresa davvero ardua e riservata a pochissimi ragazzi.
Dalle giovanili alla prima squadra
Accade qualcosa nel passaggio dalle ultime squadre giovanili a quella 'dei grandi'. Una fase che spessissimo si trasforma in una montagna insormontabile, fatta di regolamenti e pochissimi posti a disposizione.
Allo stato attuale, in Italia ci sono tre serie professionistiche per un totale di 102 squadre professionistiche. La Serie D ne conta 162. E' in questo bacino che bisogna trovare posto. Certo, ora il calcio è globale, ma l'elite degli under 20 che ha modo di giocare all'estero è talmente bassa da non prenderla neppure in considerazione. Come nostra abitudine, ci concentreremo sui portieri, anche se il discorso è abbastanza simile per tutti i ruoli.
Ogni anno, tantissimi ragazzi terminano il loro percorso nel settore giovanile. Una parte di loro viene assistita da procuratori e agenzie, mentre tantissimi altri sono quasi soli nel decidere il loro futuro, completamente gestiti dalla società di appartenenza. Le aspettative cambiano a seconda da diversi fattori da prendere in considerazione: livello raggiunto; consapevolezza dei propri mezzi; volontà di proseguire e altro ancora.
Il tritacarne del calcio agonistico e professionistico non fa sconti a nessuno. Le società di A sono quelle che dettano il gioco. Parte da loro la spirale della rotazione dei portieri.
Abbiamo sei livelli di controllo:
1. Meritevole di restare aggregato alla prima squadra
2. Ceduto in prestito in Serie A
3. Ceduto in prestito in Serie B
4. Ceduto in prestito in Lega Pro
5. Ceduto in prestito in Serie D
6. Svincolato
La stessa logica può essere applicata alle squadre delle altre categorie, quantomeno sino alla D, che nel loro caso, potranno prestare i loro portieri in Eccellenza o Promozione. Al termine della stagione, ogni società farà le proprie valutazioni, decidendo il futuro di una persona che ha sempre lavorato per poter diventare un giocatore professionista.
Quali saranno le opzioni?
1. Aggregarlo alla propria squadra
2. Prestarlo in una squadra di categoria superiore
3. Prestarlo in una squadra della stessa categoria precedente
4. Prestarlo in una categoria più bassa di quella precedente
5. Cederlo o svincolarlo
E' facile immaginare che la quinta opzione mieta tantissime vittime. Prestazioni non convincenti, scarso impiego, poca convinzione sulle prospettive di crescita, ma soprattutto l'arrivo dei portieri dell'annata successiva. Sì, perché questo circolo si autoalimenta ogni anno con tanti altri ragazzi pronti a fare lo stesso percorso.
Solo una piccolissima percentuale di ragazzi sopravvive a questa scrematura. A cui va aggiunta quella dell'arrivo di altri portieri dall'estero, che non fa che ridurre ancora di più i posti a disposizione dei portieri italiani. Ci tengo ad aggiungere, che se meritevoli, portieri stranieri possono essere anche il 100% del totale, ma sappiamo bene che spesso non è così e dietro queste operazioni ci sono interessi economici, invece che tecnici.
Questo percorso di controllo del giocatore può durare diversi anni. Potrei fare molti nomi di portieri attualmente in Serie B e Lega Pro, di proprietà di squadre di Serie A, che continuano a girare da anni in attesa di una sistemazione più stabile.
I regolamenti che non aiutano
Molti degli svincolati provano a trovare una nuova squadra, ma devono scontrarsi con regolamenti contorti che fanno di tutto per impedire di mettere in mostra il proprio valore.
In Lega Pro, ogni squadra può avere non più di 24 giocatori over. Per il resto della rosa servono calciatori giovani, anche per ottenere i premi federali dovuti al loro minutaggio in campo.
In Serie D, invece, c'è l'obbligo di scendere in campo con almeno quattro giocatori sotto i 20 anni. Non mi addentro nella regola che li scagliona per età. Succede comunque, che il portiere è quasi sempre uno di questi. Fortunatamente dalla prossima stagione, il numero si ridurrà a tre, privilegiando il merito e non la carta d'identità.
In concreto, si assiste a una guerra tra portieri over e under. Consideriamo che nella fascia over ci sono ragazzi dai 21/22 anni, sino agli over 35. Potete immaginare quanti siano. Tra Lega Pro e Serie D si assiste a un vero e proprio massacro di ragazzi, usati per rispettare le regole e poi abbandonati appena superata l'età imposta dalle singole leghe. Questo porta anche all'abbassamento degli ingaggi, perché un portiere, pur di continuare a giocare, accetta compensi al minimo federale.
Oggi siamo ben lontani dei compensi che si potevano ottenere in C1 e C2 sino a qualche anno fa. La crisi, evidente dai tantissimi fallimenti di questi anni, impone controlli sui costi che alcuni sfruttano per risparmiare sugli ingaggi dei giocatori con meno potere di contrattare.
Difendere una porta e costruirne un'altra
Difficile trovare una soluzione. Non è il nostro compito. L'articolo non scende nei dettagli. Avremmo tantissime esperienze da poter raccontare. In questi anni sono molti i portieri che ci hanno raccontato trattamenti al limite della legalità, soprusi e promesse non mantenute.
Mi viene solamente di consigliare a chiunque si stia formando in questi anni, di affiancare al percorso sportivo, uno di studi che possa creargli opportunità di lavoro nel caso in cui il calcio non dovesse diventare il proprio mestiere.
Di Buffon, Donnarumma e Vicario ne nascono uno ogni venti anni. Per tantissimi altri la prospettiva di diventare professionista, passa da tantissimo lavoro, unito a potenzialità fisiche, tecniche e mentali che sono già evidenti nel pieno dell'adolescenza.
Avere l'umiltà di capire che il sogno del professionismo è irraggiungibile, è il primo passo verso una nuova realizzazione. Non significa che dovete smettere. Esistono tantissime squadre, tantissimi tornei, federali e non, pronti a vederci protagonisti. Il calcio deve essere sempre puro divertimento.
Non diventare un portiere professionista è il destino che accomuna il 99,99% di chi coltiva questo sogno. Semina bene, cura ogni particolare. Anche se non diventerai famoso e conosciuto, sarai sicuramente una persona migliore.
Foto iniziale ripresa da ASD SEANEX SCUOLA PORTIERI TARANTO.